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Radar. 7 fumetti da non perdere usciti questa settimana

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Storie (Coconino Press). Una raccolta che mette finalmente insieme 11 racconti di David Mazzucchelli, realizzati dopo i lavori supereroistici con Frank Miller e prima di Asterios Polyp, e autoprodotti sulla rivista Rubber Blanket. Queste storie mettono in mostra un autore impegnato in un costante percorso di ricerca e innovazione, sia grafica che narrativa. QUI alcune pagine da Big Man, una delle storie contenute nel volume.

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L’età della convivenza vol. 1 (Edizioni BD). Un classico del manga d’autore, un racconto romantico sofferto che illustra un amore di coppia realistico e travagliato. Kazuo Kamimura (autore anche di Lady Snowblood, del quale ne hanno scritto per noi Paolo La Marca e Tonio Troiani) è stato un maestro, e si è distinto per un segno e una narrazione talmente fluidi e passionali da raggiungere toni poetici. QUI un po’ di pagine in anteprima del volume.

Mercurio Loi n. 1 (Sergio Bonelli Editore). “Roma dei pazzi” è l’esordio di una nuova serie regolare bonelliana ideata e sceneggiata da Alessandro Bilotta, mensile e a colori. Ambientata a Roma ai primi del 1800, segue le vicende di un professore universitario, un po’ Sherlock, un po’ Batman. Il primo albo è disegnato da Matteo Mosca, nei prossimi vedremo Giampiero Casertano, Onofrio Catacchio, Andrea Borgioli, Sergio Ponchioni, Francesco Cattani e Sergio Gerasi (con Manuele Fior alle copertine). QUI la recensione di Andrea Antonazzo e QUI un po’ di pagine dell’albo da sfogliare.

Nathan Never Rinascita n. 1 (Sergio Bonelli Editore). Dopo la fine di Anno Zero di Bepi Vigna e Roberto De Angelis, è partita questa settimana la seconda delle tre miniserie (in sei numeri l’una) che stanno riscrivendo le origini di Nathan Never. Sulle pagine di Rinascita, ritroviamo altre due vecchie conoscenze del personaggio come Michele Medda e Germano Bonazzi.

Cinema Purgatorio vol. 1 (Panini Comics). Arriva anche in Italia il nuovo lavoro di Alan Moore, realizzato in collaborazione con Kevin O’Neill. Cinema Purgatorio è un antologico che raccoglie storie di altri autori come Garth Ennis, Kieron Gillen e Max Brooks. Andrea Fornasiero ne ha parlato QUI.

Giuseppe Bergman – L’integrale voll. 1 e 2 (Panini Comics). Uno dei personaggi più famosi di Milo Manara, Giuseppe Bergman, torna in quella che la casa editrice promette essere l’edizione definitiva, con tutte le storie realizzate tra il 1978 e il 2004. I due volumi vengono pubblicati in contemporanea, venduti singolarmente o insieme con tanto di cofanetto, proprio in contemporanea con l’inaugurazione della grande mostra romana dedicata a Manara.

Un anno senza te (Bao Publishing). Il nuovo graphic novel scritto da Luca Vanzella – che di solito siamo abituati a vedere in coppia con Luca Genovese (Beta, Luigi Tenco, Aleagio) – e disegnato dal giovane e talentuoso Giovanni Pota, in arte Giopota. Un anno senza te è una storia d’amore romantica, anzi di fine dell’amore, che non si risparmia in introspezione e che sfocia nel surreale. QUI la nostra anteprima.

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Sunday Page: Kaamran Hafeez

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*English text

Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».

Umorista e fumettaro, Kaamran Hafeez disegna vignette per il New Yorker dal 2010, anche se i primi tentativi fatti con la rivista statunitense risalgono al 1995. Nel mezzo, Hafeez ha studiato design e architettura, ha abbandonato e poi raccolto il suo sogno di diventare un cartoonist, finendo per pubblicare i suoi lavori su Reader’s Digest, Harvard Business Review Saturday Evening Post e il Wall Street Journal.

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Questa vignetta è tratta dal libro di Robert Weber The Complete Cartoons of The New Yorker. Quello che trovo affascinante delle sue opere è l’estrema essenzialità, che non impedisce però al disegno di essere comunicativo.

Cosa ti ha fatto scegliere Weber sugli altri?

La cosa che mi entusiasma di Weber è il modo in cui crea l’atmosfera, il suo realismo. È come se la scena stesse accadendo davvero, molto più dei lavori di tanti vignettisti del New Yorker, passati o presenti.

Questa qualità è data, secondo me, dalla sua attenzione per I dettagli architettonici. In molti suoi lavori, gli interni sono pieni di mobili dettagliatissimi e molto specifici, è sempre uno spazio architettonicamente originale. Ho come l’impressione che abbia lavorato con riferimenti fotografici.

E l’immagine che hai scelto rispecchia quello che dici?

In questo disegno, si può vedere quanta attenzione ha posto sull’architettura del palazzo. L’insegna, il parcheggio (nota la conduttore in basso a sinistra). Sembra quasi che presti più attenzione allo spazio e al contesto che alle persone, che abbia prima disegnato l’ambiente e poi ci abbia inserito i personaggi.

Questo, penso, è il motive per cui trovo realistiche ed emozionanti le sue opera. Credo che il nostro subconscio registri queste minuzie e ti sembra, che tu te ne accorga o meno, di stare sperimentando quel momento in prima persona. Un po’ come quando si viene assorbiti dalla visione di un film.

Dopo internet e la democratizzazione della notizia, secondo te com’è cambiato il lavoro di un vignettista da quando lo faceva Herblock?

Be’, a causa di internet c’è meno mercato rispetto al passato. Nell’età dell’ora della carta stampata – gli anni Cinquanta e Sessanta – era relativamente facile guadagnarsi da vivere come vignettista. Ora è più complesso. La democratizzazione delle notizie e l’internet tutto ha danneggiato anche i giornali e molti di loro hanno chiuso le porte ai fumettisti. Quindi ci sono meno opportunità. Molti vignettisti del New Yorker hanno un secondo lavoro. Ho sentito che essere un vignettista per il New Yorker è come essere un poeta. Lo fai per l’amore di farlo. In realtà, penso sempre al consiglio che Oscar Wilde dava a un giovane scrittore. Incoraggiava l’aspirante autore a trovarsi un lavoro che permettesse alla sua creatività di essere libera dal peso di doversi guadagnare la pagnotta.

Io, al momento, ho un impiego fisso per il sito del New Yorker. Il formato combina la vignetta politica e quella umoristica – il mio mandato è di prendere spunto da eventi di attualità. E sono su internet, quindi è tutto mischiato insieme.

*English version in the next page.

 

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Nello studio di Officina Infernale

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Siamo entrati nello studio dell’illustratore e fumettista Officina Infernale, autore dei recenti volumi Warhol l’intervista (per testi di Adriano Barone) e The mighty and deadly iron gang.

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Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?

Attualmente sto lavorando a delle submissions per una rivista USA, ad un albo sui Bone Machine band Rock’n’Roll di satana, dovrei iniziare le chine del secondo volume di Iron Gang, Iron Kobra e un paio di artwork per delle band hardcore, porto avanti tutto parallelamente, dipende dal Flow.

Leggi anche: “Warhol. L’intervista”, di Adriano Barone e Officina Infernale [Recensione]

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Quali sono gli strumenti che usi per disegnare?

Di solito per le chine uso un pennino e un pennarello punta fine, poi ho un sacco di altra roba che potrebbe venirmi utile, mentre per la colorazione uso il digitale, che uso anche per tutta la roba che non disegno tipo il Black Devil o Iron Kobra. Il tutto sotto il controllo austero del gatto.

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Hai qualche abitudine prima di metterti a disegnare?

Bevo un caffè all’alba mentre controllo vari account o tiro giù immagini deliranti da Tumblr, oppure sempre mentre bevo il caffè, faccio un paio di grafiche utili per qualcosa o rifinisco qualche linea di dialogo.

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Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni?

In teoria no, ma ho un “reparto” di fumetti preferiti su tutti gli altri, ce li ho in mente, ma mentre lavoro non vado a guardare, preferisco rielaborare, ho l’illusione che che venga fuori un segno più personale. In realtà quando lavoro, magari quando mi serve che ne so dell’ispirazione, mi guardo a caso degli artwork di dischi, tipo copertine, innersleeves etc. anche i testi a volte fanno la loro parte, basta un titolo o un pezzo di testo per far scattare la scintilla.

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Hai un oggetto in studio a cui sei particolarmente affezionato?

Nel casino generale diciamo i dischi messi in ordine per genere o periodo, tipo anni 90 o Doom Sludge, e le maschere da luchador, la mia preferita è quella di Mil Mascara con la bocca che ride e i denti a punta.

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Gli eventi e le mostre della settimana [31-05-2017]

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Quali saranno gli appuntamenti più interessanti, questa settimana, nel mondo del fumetto (e dintorni)? Ecco i nostri consigli.

alex maleev etna comics 2017

Presentazione di Prima pagare poi ricordare // Bologna // 31 maggio

Dalle 18 alle 19.30, Filippo Scozzari presenterà la nuova edizione di Prima pagare poi ricordare (Fandango Libri) in compagnia di Giorgio Lavagna.

Libreria Ubik Irnerio, via Irnerio 27, Bologna

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Etna Comics 2017 // Catania // 1 – 4 giugno

Torna per la settima edizione la fiera catanese, con ospiti come Mark Texeira, Esad Ribic, David Messina, Sara Pichelli, Alex Maleev (autore anche del manifesto ufficiale), Giorgio Cavazzano e molti altri.

Le Ciminiere, Viale Africa, Catania

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Just Indie Comics Fest // Roma // 2 – 4 giugno

Tre giorni di fumetti underground a cura di Just Indie Comics e CO-CO con mostre, incontri, musica e bookshop.

CO-CO, Via Ruggero d’Altavilla 10, Roma

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Presentazione di Stradivari – Genius loci // Bologna // 2 giugno

Dalle 19, presentazione di Stradivari – Genius loci (Kleiner Flug) con gli autori Michele Ginevra e Roberta “Sakka” Sacchi, in compagnia di Matteo Gaspari di Banana Oil.

Mercato Sonato, via Tartini 3, Bologna

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Lorenzo Mattotti: Ghirlanda e altri mondi // Ivrea (TO) // 3 giugno – 9 dicembre

In occasione del festival della lettura La grande invasione, sarà inaugurata una mostra dedicata a Lorenzo Mattotti, con disegni tratti dall’ultimo libro Ghirlanda (Logos Edizioni) ma non solo. L’inaugurazione è prevista per le 12.15 nel cortile del musero, alla presenza dell’autore e di Ferruccio Giromini di Pagina99.

Museo Civico Pier Alessandro Garda, Piazza Ottinetti, Ivrea (TO)

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I racconti psichiatrici di Darryl Cunningham, e l’epifania del fumetto

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Più che essere un graphic novel “tradizionale”, Psychiatric Tales è un’esplorazione a fumetti di un vissuto umano complesso, fragile e spesso poco realmente conosciuto, se non addirittura oggetto di pregiudizio: quello della malattia mentale.

Psychiatric Tales Darryl Cunningham

L’autore inglese Darryl Cunningham racconta tra le pagine di questo libro, che rientra pienamente nel campo del Graphic Medicine, episodi riguardanti gli anni in cui ha lavorato come operatore sanitario in un ospedale psichiatrico, ma anche eventi relativi al periodo in cui egli stesso ha sofferto di forte depressione, ansia, stress e difficoltà psico-sociali. E il risultato è un fumetto splendido, forte, a tratti sorprendente.

Psychiatric Tales Darryl Cunningham

Cunningham è un fumettista ormai apprezzato in Gran Bretagna, dove ha pubblicato diversi graphic novel, tra cui Science Tales – finora il solo tradotto in Italia, con il titolo Racconti di scienza –, How to fake a moon landingThe Age of Selfishness, Supercrash: How to Hijack the Global Economy e diversi altri fumetti e web comics.

Come ha affermato in un’intervista, Psychiatric Tales è una sorta di “doppio diario”, che racchiude una duplice tipologia di esperienza, ossia quella riferita alle vite dei suoi assistiti e quella attribuita alla propria (sia dal punto di vista dell’infermiere sia dal punto di vista della persona fragile). L’obiettivo dell’autore è anch’esso duplice: sensibilizzare il pubblico riguardo alle forme del disagio psichico, ma anche affrontare la propria fragilità mentale. E superarne gli ostacoli, naturalmente. Cosa che l’autore è riuscito a fare alla fine di un periodo di alti e bassi, provocati da un’acuta depressione.

Psychiatric Tales Darryl Cunningham

Il graphic novel racconta undici storie di disagio mentale, basate su vicende realmente accadute tra le corsie del reparto psichiatrico inglese in cui Darryl ha lavorato. Questi avvenimenti hanno per protagonista lo stesso Cunningham che, in veste di infermiere, osserva e assiste i suoi pazienti e altre personalità fragili (con le quali è entrato in contatto in maniera più o meno diretta nel corso della sua vita reale). Nello specifico, preceduti e seguiti da riflessioni personali dell’autore, si tratta di gravi casi di malattie mentali: dipendenza, depressione, autolesionismo e tendenze suicide, demenza, disturbo anti-sociale della personalità, bipolarismo, schizofrenia, ecc.

Psychiatric Tales Darryl Cunningham

Ma la peculiarità – e la forza – di questo graphic novel è anche nella dimostrazione di come il Graphic Medicine possa svolgere anche una funzione “terapeutica”, oltreché narrativa e divulgativa. L’autore, avendo la possibilità di raccontarsi attraverso la forma del fumetto, riesce infatti a rielaborare un vissuto personale difficile e a dargli, più o meno volontariamente, un valore aggiunto, dal momento in cui rivolge la propria opera a un pubblico e non ne fa solamente un uso personale. Cunningham racconta infatti che, attraverso la stesura e la pubblicazione online di parti di questo lavoro, è riuscito a « fare ammenda attraverso i suoi stessi occhi ». E proprio gli occhi rappresentano un leitmotiv del libro, delle difficoltà esistenziali del fumettista e del profondo senso di colpa che lo attanagliava per non essere riuscito a impedire il suicidio di due utenti della clinica in cui aveva prestato servizio.

Nel corso della sua formazione sociosanitaria precedente e del lavoro sul campo, interrotti a causa di una forte ansia sfociata in depressione (dovuta anche al forte coinvolgimento emotivo che spesso questi tipi di professionalità comportano, nonostante il cosiddetto dovuto “distacco professionale”), Darryl ha raccolto giorno per giorno materiale sufficiente per poter sviluppare delle storie. Inizialmente il suo intento, effettivamente rispettato anche con la stesura finale di Psychiatric Tales, era quello di creare storie volte a ridurre il potere dello stigma (per esempio, riguardo al fatto che le persone affette da schizofrenia siano più propense alla violenza rispetto alle persone che non ne soffrono), dei cliché e dei pregiudizi che spesso attorniano il mondo della malattia mentale e delle realtà ad esso connesse e che coinvolgerebbero: le persone che ne soffrono, i loro parenti e i caregivers, le istituzioni, i cosiddetti “professionisti dell’aiuto” e la società.  Il tutto attraverso il fumetto, linguaggio preferito da Cunningham rispetto alla prosa dopo aver letto ed essersi ispirato a Persepolis (il graphic novel autobiografico di Marjane Satrapi), perché a suo parere questo approccio creativo avrebbe apportato dei vantaggi a livello di “empatia” e “introspezione”, prima di tutto con se stesso.

Psychiatric Tales Darryl Cunningham

Trascorrono poi quattro anni dalla stesura dei primi sette capitoli (introduzione esclusa), che illustrano vicende legate alle varie patologie psichiatriche messe in una forma più narrativa dall’autore. Dopo questo periodo di “pausa forzata” causata dai disagi psicologici, Darryl riprende a scrivere e a disegnare grazie ai farmaci e a internet. Il web ha infatti consentito all’autore di promuovere se stesso come artista e di ricevere feedback da un pubblico abbastanza regolare. Non una cosa da poco, per una persona finita nel tunnel dell’isolamento e dell’autocommiserazione. Ciò gli ha permesso di riprendere in mano progetti lasciati in sospeso, come lo stesso Psychiatric Tales (dopo la pubblicazione online di qualche capitolo, oggetto di buoni riscontri), nonché di riottenere fiducia in se stesso e di “rivivere ancora”, come egli stesso racconta nell’ultimo capitolo del libro.

Psychiatric Tales è quindi un Graphic Medicine in cui rimane il primo intento anti-stigma voluto dall’autore, ma che presenta contemporaneamente anche una nuova possibilità, attraverso l’arte: permettere all’autore di affrontare la propria sofferenza e di darne testimonianza,  pur con le difficoltà connesse a questa “esposizione”.

Cunningham ha raccontato chiaramente come talvolta abbia trovato difficile parlare dei propri problemi di salute mentale, per il timore di essere giudicato con troppa durezza o superficialità. Al contrario, la sua storia ha suscitato – in primis sul web – reazioni positive, anche inaspettate, rivelandosi più universale di quanto egli stesso aveva previsto. Il punto di vista di Darryl come autore è stato perciò utile, per sé come per i lettori, a comprendere esperienze di vita difficili, con relative problematicità e “punti oscuri”, da entrambi i lati: quello del (professional) carer e quello del malato.

Psychiatric Tales Darryl Cunningham

Il linguaggio – sia quello visivo sia quello verbale – utilizzato da Cunningham in Psychiatric Tales, è schietto, immediato, narrativo e al tempo stesso informativo dal punto di vista scientifico: uno stile ricorrente sia in questo Graphic Medicine sia in altre sue opere. Cunningham ha peraltro scritto e disegnato anche altri fumetti con questo stesso stile “di servizio” educativo e sociale: un mix di informazione e narrazione che si fa portavoce di diverse tematiche complesse, tabù, o comunque spesso controverse. Alcuni esempi, sempre su temi sociosanitari, entrambi inclusi nel suo romanzo grafico Science Tales e nel suo blog, si possono trovare nei suoi fortunati webcomics sull’omeopatia e sulle strisce dedicate a Andrew Wakefield e il caso del vaccino MPR (quest’ultima opera ha suscitato l’attenzione dell’autorevole British Medical Journal, che ne ha pubblicato un articolo in una versione per studenti).

Psychiatric Tales

Nel capitolo finale del graphic novel, intitolato Come sono tornato in vita, Cunningham esamina la sua condizione e riflette a posteriori sul superamento del proprio disagio mentale, connettendo la propria sofferenza con quella altrui e rimandandola nuovamente al pubblico “in ascolto”. Sarà una vera e propria epifania. L’esperienza dell’arte – inclusa quella del fumetto – sia dalla parte dello “spettatore” sia dalla parte del creativo, può essere persino un’opportunità di guarigione e di riscatto. Per Darryl Cunningham, senza dubbio alcuno, lo è stata.

Psychiatric Tales – Expanded Edition
di Darryl Cunningham
Blank Slate Books, 2013
174 pp., B/N
17,00 euro

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I manga più venduti nella prima metà del 2017

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La Oricon – società che si occupa di analisi di mercato – ha diffuso la relazione della prima metà dell’anno (per il periodo che va dal 21 novembre 2016 al 21 maggio 2017) sulla vendita di libri in Giappone, stilando anche le classifiche dei titoli più venduti a seconda delle varie tipologie.

Per quanto riguarda i manga, le classifiche si dividono in serie più vendute e singoli volumi. E non ci sono particolari sorprese rispetto alle vendite dell’anno scorso, visto che a trionfare è sempre One Piece, seguito da L’attacco dei giganti e alcuni altri titoli che si confermano nella top 10.

one piece

Di seguito le dieci serie più vendute.

1 One Piece, di Eiichiro Oda (5.969.851 copie)

2 Attack on Titan, di Hajime Isayama (3.974.437 copie)

3 Kingdom, di Yasuhisa Hara (3.244.618 copie)

4 Haikyu!!, di Haruichi Furudate (3.086.097 copie)

5 Tokyo Ghoul:re, di Sui Ishida (2.154.752 copie)

6 My Hero Academia, di Kōhei Horikoshi (2.097.088 copie)

7 One-Punch Man, di One e Yuusuke Murata (1.982.356 copie)

8 The Seven Deadly Sins, di Nakaba Suzuki (1.881.062 copie)

9 Detective Conan, di Gosho Aoyama (1.653.403)

10 Food Wars! Shokugeki no Soma, di Yūto Tsukuda, Shun Saeki e Yuki Morisaki (1.469.092 copie)

Mentre i seguenti sono i singoli tankobon più venduti.

1 One Piece 84, di Eiichiro Oda (2.605.418 copie)

2 One Piece 85, di Eiichiro Oda (2.283.348 copie)

3 Attack on Titan 21, di Hajime Isayama (1.576.240 copie)

4 Attack on Titan 22, di Hajime Isayama (1.405.736 copie)

5 Tokyo Ghoul:re 9, di Sui Ishida (868.244 copie)

6 Haikyu!! 24, Haruichi Furudate (867.000 copie)

7 One-Punch Man 12, One e Yuusuke Murata (848.678 copie)

8 Haikyu!! 25, di Haruichi Furudate (809.898 copie)

9 Tokyo Ghoul:re 10, di Sui Ishida (785.881 copie)

10 Kingdom 45, di Yasuhisa Hara (782.182 copie)

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Radar. 7 fumetti da non perdere usciti questa settimana

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Il mondo di Edena (Magic Press). Un ciclo di storie di fantascienza scritte e disegnate da Moebius e la cui idea nasce da una commissione pubblicitaria per Citroën nei primi anni Ottanta. È una storia surreale che vede due personaggi viaggiare nello spazio, approdare su un pianeta e finire in un mondo inesplorato chiamato Giardino dell’Eden. Un volumone di 400 pagine in cui veniamo catapultati nell’universo visionario di Moebius. Qui ci sono un po’ di pagine in anteprima, giusto per rifarvi gli occhi.

edena moebius magic press

Empress (Panini Comics). È il nuovo fumetto di Mark Millar (Kingsman: The Secret Service, Kick-Ass) per Icon, la linea creator-owned di Marvel Comics. È disegnato da Stuart Immonen (Ultimate Spider-Man, X-Men) ed è una storia sci-fi ambientata nello spazio intergalattico con un occhio di riguardo per le tematiche famigliari. Empress racconta le vicissitudini della moglie di un malvagio dittatore galattico, decisa ad abbandonare il marito e fuggire coi suoi tre figli: Aline, 15enne che vuole rimanere col padre, Adam, di 10 anni, che è troppo debole per superare le prove imposte dal genitore, e Puck, neonato di 18 mesi. QUI alcune pagine in anteprima.

Amazing Spider-Man 30 Years Celebration Box (Panini Comics). Questa è una segnalazione per i collezionisti e per i più curiosi. Si tratta di un cofanetto blu che Panini ha realizzato per festeggiare i 30 anni dall’uscita del primo numero de L’Uomo Ragno (all’epoca di Star Comics). All’interno, tra le altre cose, c’è una copia anastatica di quel Il signore dei 1000 anelli che sicuramente tanti lettori ultratrentenni ricordano bene. Acquistandolo si può avere la possibilità di vincere un’autografo di Stan Lee. Qui ci sono tutti i dettagli. Inoltre, c’è anche una versione esclusiva acquistabile solo su Amazon.it, con un cofanetto di colore rosso.

Judo Boy n. 1 (J-Pop). Un classico del manga, pubblicato originariamente negli anni Sessanta e nato dalla matita di Tatsuo Yoshida. È un manga sportivo che racconta di Sanshirou Kurenai, giovane erede di un dojo di judo che intraprende un viaggio alla ricerca dell’assassino del padre. Forse qualcuno di voi si ricorderà l’anime, andato in onda negli anni Ottanta su Telemontecarlo, la cui sigla inizava così: «Sulla mia moto corro presto, lo troverò quel maledetto, e con un colpo mio mortale vedrai gliela farò pagare».

Aqualung stagione 2 (Bao Publishing). Nuovo volume cartaceo del webcomic creato da Jacopo Paliaga e French Carlomagno. Mystery di ambientazione marina, Aqualung è una serie che racconta le avventure di una giovane donna in una piccola località della provincia americana. Una località i cui segreti emergono piano piano. QUI potete trovare una nostra intervista ai due autori.

Cico a spasso nel tempo n. 1 (Sergio Bonelli Editore). Si tratta della prima miniserie dedicata a Cico, la spalla di Zagor. Come da titolo, Cico viaggerà in modo rocambolesco nel tempo, ritrovandosi catapultato nelle situazioni più disparate. In questo primo numero, per esempio, lo vedremo nell’Atene di Pericle e Socrate. Questa mini, scritta da Tito Faraci e disegnata da Walter Venturi, presenta anche una novità per Bonelli: è infatti la prima volta che la casa editrice propone una serie di albi da 60 pagine a colori, di formato un po’ più grande rispetto a quello solito.

Dall’estero:

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Boundless (Drawn & Quarterly). Una raccolta di storie brevi dell’autrice di E la chiamano estate apparse su varie riviste e antologie, incentrate su vari temi e in particolare sul rapporto delle persone con i media, sia social che non.

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La Wonder Woman di Rucka, meravigliosa ma non troppo

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Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

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Sulla serie regolare di Wonder Woman si è quasi concluso il corso di Greg Rucka, coadiuvato dalle matite di Liam Sharp e Nicola Scott, poi sostituita da Bilquis Evely, dove è stato rivelato perché Diana non possa tornare a Temyscira e come questo abbia a che fare con la genesi di Cheetah, con la rivalità con Veronica Cale e persino con la condizione di Ares.

Sicuramente una storia compiuta, sebbene tirata per le lunghe – considerati i ben 24 numeri che occuperà con la pubblicazione del prossimo epilogo – e non particolarmente ispirata nel rivisitare il mito dell’eroina. Gli episodi disegnati da Nicola Scott hanno infatti raccontato di nuovo le origini di Wonder Woman, ma a così breva distanza dalla magnifica riscrittura di Grant Morrison in Wonder Woman: Earth One fanno una mesta figura.

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Più riuscito l’ingegnoso intreccio che collega passato e presente, ma pure qui la conclusione risulta piuttosto stucchevole, con Wonder Woman che placa Phobos e Deimos, avendoli incontrati solo una volta sotto mentite spoglie e senza alcun percorso interiore per trovare la forza di fare quello che fa. Di fatto la protagonista si ritrova ridotta a Deus Ex Machina, mentre il personaggio più riuscito è Veronica Cale, villain tragica a cui viene dato un obiettivo umanissimo.

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Prima di lasciare la serie con il numero 25 che, dice lo scrittore, servirà a preparare le cose per chi verrà dopo di lui, Rucka firma però anche la prima storia dell’annual dedicato all’eroina uscito questa settimana. Di nuovo affiancato da Nicola Scott, i cui disegni davvero brillano per ottimismo, racconta il primo incontro di Wonder Woman con Batman e Superman. Scritto con un sense of humour nel battibecco tra i due eroi maschi, li mette a confronto con l’altruismo e la bontà di spirito assolutamente senza macchia della donna.

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Seguono altre tre storie brevi, tutte piuttosto dimenticabili, anche se l’ultima di Collin Kelly e Jackson Lanzing, disegnata da David Lafuente, dove un kaiju attacca Tokyo, trova un finale piuttosto divertente. Pessima quella di Michael Moreci e Stephanie Hans, dove l’eroina sembra dimenticarsi del proprio lazo arrivando a una conclusione tragica decisamente forzata. Passabile invece, ma pure scontata, quella di Vita Ayala e Claire Roe, dove Wonder Woman salva King Shark da un’esecuzione.

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Bonus: Old Man Logan, vede concludersi il corso di Jeff Lemire sul personaggio, con l’arco narrativo Past Lives in cui Logan, cercando di rispettare una promessa fatta nel proprio futuro al nipote di Banner, si ritrova a ripercorrere, grazie alla magia di Asmodues, le sue numerose vite passate, da Weapon X, alla Saga di Fenice Nera fino a Madripoor e quindi al suo apocalittico futuro.

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La risoluzione è però troppo facile e piuttosto improbabile, inoltre viene dimenticato alla fine proprio il nipote di Banner, che nella storia praticamente non appare. Una conclusione che punta più sulla nostalgia e sui sentimenti di Logan come uomo di famiglia, anziché su un racconto particolarmente compiuto o appassionante, emblematico dei pregi e dei limiti del ciclo di Lemire nel suo complesso.

paklis image comics

Bonus 2: Paklis è una anomala serie Image Comics scritta e disegnata da Dustin Weaver, che debutta con un numero 1 extra lungo, di quasi sessanta pagine. La prima storia, Mushroom Bodies, è di chiara influenza kafkiana con un uomo che sente di essere uno scarafaggio in un mondo di scarafaggi. Esercizio di stile nelle atmosfere paranoiche, funziona molto bene graficamente ma non è certo memorabile dal punto di vista letterario.

paklis image comics

Seguono due doppie splash page in bianco, nero e grigio di Sagittarius A*, che continuerà nei prossimi numeri raccontando di un giovane che nel futuro si arruola in una guerra spaziale. Infine inizia Amnia Cycle, altra storia ambientata nello spazio che continuerà nei prossimi numeri, dove la pilota Donnia trova la misteriosa Amnia e cerca di salvarla anche dai suoi superiori. Ispirato come racconto alla sci-fi a fumetti francese, è disegnata da Weaver con uno stile molto più schizzato del solito, cosa che gli dona però immediatezza e dinamismo.

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Sunday Page: Marino Neri

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Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».

Emiliano, Marino Neri, classe 1979, è fumettista e illustratore. La sua firma ha solcato le pagine di Internazionale, Le Monde, Rolling Stone e le copertine dei libri Feltrinelli. Tra i suoi lavori più importanti i fumetti lunghi Il re dei fiumi (2008), La coda del lupo (2011) e Cosmo (2016). Di quest’ultimo aveva dialogato con Valerio Stivé sulle nostre pagine.

loverockets

Una tavola di Jaime Hernandez da Love and Rockets, un flashback all’interno di un arco narrativo che vedrà Maggie tornare a Hoppers, per fare i conti con alcuni fantasmi, reali e non… È una pagina molto semplice e complessa allo stesso tempo. Precisa e piena di tensione. Descrive alla perfezione la grande capacità di montaggio di Hernandez che non mette mai nulla a caso, dal singolo segno all’inquadratura…

Oltre a questa dopo ce ne sarebbero altre di tavole che esprimono la stessa tensione visionaria. Ma questa è la prima di tutto l’arco narrativo, e viene da una serie di tavole dove lo stile “commedia” scorre fluido e innocuo. Insomma è una vera sferzata.

Mi spieghi perché secondo te questa tavola è davvero grande?

La forza della tavola sta nel montaggio e nel ritmo. Tra l’altro a un primo sguardo verrebbe da leggerla in maniera sbagliata, dall’alto al basso, prima le vignette di sinistra e poi quelle di destra. Ma anche con questo tipo di lettura “verticale” la tavola mantiene intatto il suo senso. C’è una grande tensione che monta. Al massimo del ritmo, appena dopo il primissimo piano, accompagnati dalla stessa voce che chiama la protagonista, con una “inquadratura” da dietro, veniamo riportati alla realtà. L’ultima vignetta dopo il primissimo piano è un cambio fortissimo: come se qualcuno ci svegliasse da un sogno, veniamo riportati a uno sguardo “oggettivo”.

Hai scelto Love and Rockets, quindi immagino ti piaccia o sia stato importante nella tua vita di lettore/autore. Cosa ti piace di questa serie? E ti ricordi come l’hai scoperta?

A dire il vero ho letto completamente l’intera serie dedicate a Maggie e a Hopey solo due anni fa. Conoscevo meglio l’opera del fratello, Beto, di cui avevo letto Pigrizia, Nuove storie dalla vecchia PalomarUna zuppa per il Crepacuore. Ma adesso che Panini 9L ha pubblicato l’intera Love and Rockets Collection ho recuperato anche l’opera di Jaime. Sono sempre stato attratto dal suo bianco e nero, più classico e misurato di quello di Beto, ci vedo dentro le lezioni di maestri americani come Roy Crane, Jesse Marsh e Alex Toth: tutto è composizione e “scacchiera”. Penso che le sue figure femminili abbiano qualcosa anche di John Romita Senior, ma forse mi sbaglio.

Hernandez ha una precisione chirurgica, un controllo totale che sembra mantenersi nella caratterizzazione dei personaggi e negli intrecci delle trame. E a dispetto di questo “controllo” a livello narrativo tutto è riportato con freschezza e fluidità, i registri passano dal comico al drammatico dal realistico al fantastico. C’è una libertà invidiabile. Qua forse si vede l’origine messicana. Vengono in mente alcuni romanzi corali e di “realismo magico” tipici o certo cinema spagnolo. Il tutto sempre narrato con un piglio “anarchico”: c’è il punk, la sessualità, la lotta libera, la fantascienza e ogni tanto qualche super eroe.

Un’altra cosa che sorprende è il ritmo narrativo, devo aver letto da qualche parte che Alan Moore propose a Gibbons la griglia a nove vignette per Watchmen dopo aver letto queste pagine.

Il mezzobusto del cane ha un che di terrificante, immerso nell’ombra, con solo lo scintillio dei denti in vista, ma anche austero perché sembra la stia guardando dall’alto in basso come un nobile che si è stancato perfino di fare le battute di caccia che tanto lo divertivano. E il contrasto è ancora più forte dal fatto che lei lo chiama “cagnetto”.

Il flashback che vediamo in questa scena è stato raccontato come aneddoto 45 pagine prima e ci viene introdotto drasticamente, senza preavviso a conclusione di un capitolo, nel frattempo ci sono altre tre o quattro sotto trame che si sviluppano e intrecciano. Nel racconto l’amica “matta” di Maggie, Izzy delira sull’esistenza del diavolo che “manipola il mondo” e che Maggie racconta di aver incontrato la sera di Halloween sotto forma di cane nero (poi mostrato nella tavola che ora vediamo). Nel capitolo dopo, una Maggie ingrassata e biondo platino fa visita ai parenti nel vecchio quartiere di Hoppers e qua riascolta vecchi racconti sui fantasmi e sui “cani neri”: manifestazioni del diavolo. Insomma tutto questo per dire che sì, lo sguardo “sufficiente” del cane, nasconde qualcosa di volutamente diabolico.

Secondo te la scelta della posa del cane che sta per spiccare il salto è azzeccata? Perché a prima vista sembra che stia semplicemente in piedi.

In effetti penso che intenzione dell’autore fosse di mostrare il cane che si erge in piedi. Nella sesta vignetta poi vediamo che “galleggia” a mezz’aria… Anche qui quindi un elemento fantastico.

Anche il modo in cui taglia il viso di Maggie non è canonico. Secondo te a che scopi asservisce?

Può darsi che il taglio sul viso di Maggie serva a diverse cose: una senz’altro ad aumentare il senso di inquietudine. Insomma qua l’autore fa qualcosa che non ti aspetti. Il taglio non tiene presente neanche dell’occhio che sta a sinistra: poteva escluderlo totalmente aumentando lo zoom, invece ne nasconde solo un pezzo e questo rende ancora più destabilizzante la scelta. Sappiamo che una vignetta decentrata oltre a dare più dinamismo aumenta la drammaticità dell’immagine. Un altro senso di questo taglio penso possa avere origine compositiva: mentre a destra il cane/diavolo mantiene sempre una centralità che direi totemica, per non rendere eccessivamente statica la sequenza, Hernandez sposta il viso della protagonista verso sinistra. Tutto studiato ma proposto con semplicità e naturalezza.

Può essere che Hernandez abbia spostato il viso di Maggie a sinistra solo per far spazio al ballon che entra a destra, sono ragionamenti che noi autori facciamo spesso, ma questo comunque finisce anche per muovere la composizione, insomma dà alla tavola un certo effetto.

Tu hai mai paura che qualcuno legga nei tuoi lavori qualcosa che non avevi previsto o, peggio, travisi qualcosa?

Se il lettore travisa quello che ho fatto, cioè interpreta male un’azione o addirittura non comprende un passaggio è colpa mia, è come fare un errore di sintassi. Ma se cerca e analizza i tipi di inquadratura o i tagli e magari trova una seconda lettura, allora ben venga.

Una scena del genere come l’avresti messa su carta? Le scelte che fa ti rispecchiano come autore? Ovviamente dipende anche da cosa avresti voluto comunicare, ma diciamo a parità di messaggio e sensazioni, come le avresti veicolate?

È una domanda interessante. C’è un passaggio nel libro Chiacchiere di Bottega nel dialogo tra Gil Kane e Eisner in cui Kane sostiene che ci sono diversi registri per raccontare una storia: espressionista, architettonico oppure drammatico e dinamico dove tutto è subordinato ai personaggi della storia.

Mi sembra di poter dire che Hernandez lasci che la storia venga condotta dai personaggi, questo vuol dire lasciare a loro il compito di movimentare il racconto. La regia è spesso “ferma” nei totali in cui i protagonisti guidano la narrazione. Un approccio più teatrale, ma proprio per questo più difficile da mettere in scena (anche se non è l’unico registro che Hernandez utilizza, anzi gioca spesso spostando la narrazione come ho detto prima).

Io tendo ad utilizzare una regia differente, più attiva: muovo di più l’inquadratura. In più non ho mai utilizzato una struttura a nove vignette. È una cosa a mio parere molto difficile, frazionare il tempo e l’azione così tanto. Penso che a parità di messaggio avrei utilizzato uno stile più semplice, probabilmente con una striscia lunga in cui i due personaggi sono contrapposti l’uno davanti all’altro, di profilo. Una inquadratura senza troppa immaginazione ma molto efficace.

Poi avrei giocato con i particolari: lo sguardo del cane, la faccia stupita e poi il cane che si alza, le zampe sospese. Forse avrei mischiato di più le carte. Ma la scelta di Hernandez mi piace così tanto che penso non sarei mai riuscito a fare una tavola di questo livello. D’altra parte stiamo parlando di uno che ha un controllo pazzesco, nelle tavole successive dello stesso arco narrativo la storia prende pieghe surreali mantenendo la stessa griglia.

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Nello studio di Eleonora Antonioni

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Siamo entrati nello studio di Eleonora Antonioni, giovane fumettista con molte collaborazioni all’attivo, che ci racconterà i suoi impegni più recenti mostrandoci il suo ambiente di lavoro.

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Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?

In questo momento sto finendo l’ultimo episodio del webcomic Beauty realizzato a quattro mani con Francesca Protopapa per ERCcOMICS. La serie , come tutte quelle pubblicate dal sito, è ispirata a una ricerca scientifica, nello specifico in questo caso si tratta una ricerca sociologica condotta dalla professoressa Giselinde Kuipers sugli standard di bellezza nella moda.

Sto lavorando anche a un nuovo fumetto lungo dal sapore teen con Francesca Ruggiero, in questo momento stiamo finendo gli storyboard. Non voglio rivelare la storia, ma diciamo che ci stiamo mettendo dentro molte cose che ci piacciono e ci stiamo divertendo molto!

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Quali sono gli strumenti che usi per disegnare?

Generalmente lavoro a matita blu o rossa e poi inchiostro con un pennello Da Vinci n1 o un Winsor&Newton serie 7 n1. Di recente però ho scoperto di trovarmi bene con le penne gel di muji 0.38, generalmente le uso per fare disegno dal vero ma sto iniziando a usarle anche nel fumetto. Il nuovo progetto al quale sto lavorando sarà fatto a penna, non a china. Se ho bisogno di mettere del colore sulle tavole lo faccio in digitale con la tavoletta grafica.

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Hai qualche abitudine prima di metterti a disegnare?

A inizio giornata ho bisogno di disporre sul tavolo il materiale o il lavoro già fatto per tutti i lavori che dovrò portare avanti in quella giornata, meglio ancora se disposti in mucchietti separati. Ovviamente quando ci sono tante cose non avendo un tavolo di cinque metri non posso distanziarli, ma vederli mi aiuta a spuntare mentalmente le cose fatte e da fare, è una sorta di lista visiva.

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Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni?

Non ci sono titoli in particolare, anche perché dipende molto dal lavoro che sto facendo. In realtà poi, anche in quel caso, a meno che non stia facendo una vera e propria ricerca più che sfogliarli i libri mi piace averli intorno e lasciarmi ispirare dalle loro copertine. Il semplice fatto di averli vicino crea un’atmosfera!

Posso provare a fare un esempio con il nuovo progetto a tema teen, le cose che mi ritrovo ad avere vicino più spesso sono i libri di Aisha Franz (Alien e Shit is Real!), quelli di Nine Antico (Il gusto del paradiso o Boys Don’t Cry” in particolare), Valentina Mela Verde di Grazia Nidasio, Roxanne & George di Carolin Walch, Moonhead di Andrew Rae. Non è un grosso sforzo, comunque, dal momento che sono un’appassionata del genere!

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Hai un oggetto in studio a cui sei particolarmente affezionata?

Le cose che mi porto dietro sin da bambina come lo specchietto di Snoopy e un pupazzino di legno di un angioletto su un cavallino a dondolo. Poi c’è un libricino di Peynet che ho da pochissimo tempo, ma che adoro perché ha un formato e una confezione deliziosa!

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Gli eventi e le mostre della settimana [05-06-2017]

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Quali saranno gli appuntamenti più interessanti, questa settimana, nel mondo del fumetto (e dintorni)? Ecco i nostri consigli.

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Festival Tra le nuvole // Brescia // 7 giugno – 2 luglio 

Festival dedicato al fumetto e all’illustrazioni con vari eventi e mostre. Tra gli ospiti principali Lorena Canottiere e Emmanuel Guibert. QUI tutto il programma

Varie location di Brescia e della provincia

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Una marina di libri // Palermo // 8 – 10 giugno

Festival palermitano dell’editoria, giunto all’ottava edizione. Molti gli editori di fumetto e gli ospiti legati al fumetto.

Varie location dellla città

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Combat Comics // Livorno // 8 – 10 giugno

Quinta edizione del microfestival sul fumetto di denuncia e realtà di Livorno. Tra gli ospiti: Rachele Morris, Alice Milani, Claudio Calia, Giuseppe Palumbo e molti altri.

Teatrofficina Refugio Scali del Refugio, 8, 57123 Livorno

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Piccolo festival delle arti applicate // Milano // 8 – 10 giugno

All’interno della manifestazione si terranno due tavole i cui temi toccheranno anche fumetto:

  • Giovedì 8 giugno – L’architettura del gesto. Moderatore: Boris Battaglia Intervengono: Alberto Morelli, Davide Toffolo, Arianna Vairo, Corrado Vanelli, Daniele Villa.
  • Venerdì 9 giugno – Forme e tecnologie della memoria. Moderatore: Guglielmo Nigro Intervengono: Elham Asadi, Pasquale Frisenda, Martin Gerull, Oki Izumi, Paola Redemagni, Marco Rossari.

Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco, via Giusti 42, 20154, Milano

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Presentazione di I segni addosso // Cento (FE) // 9 giugno

In occasione del Plus Festival 2017, dalle 18, Andrea Antonazzo, Elena Guidolin e Renato Sasdelli presenteranno il loro libro I segni addosso (BeccoGiallo) in compagnia di Enrico Atti.

Giardini Pandurera, Cento (FE)

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BGeek // Bari // 9 – 11 giugno

Festival della cultura geek a tutto tondo, dal fumetto al cinema ai videogiochi.

Palaflorio – Viale Archimede, 70126 Bari

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Renape presenta : Un anno senza te // Bologna // 9 giugno

Presentazione del graphic novel Un anno senza te, Luca Vanzella e Giovanni Pota.

Senape Vivaio Urbano Via Santa Croce, 10/ABC, 40122 Bologna

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Radar. 10 fumetti da non perdere usciti questa settimana

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Spider-Man – Il Bambino dentro (Panini Comics). Tra le storie più memorabili realizzate in coppia da due classici autori dell’Uomo Ragno come J.M. DeMatteis (sceneggiatore anche della memorabile L’ultima caccia di Kraven) e Sal Buscema, Il bambino dentro fu pubblicata negli anni Novanta sulla collana Spectacular Spider-Man. La storia va ricordata anche per la tematica trattata, quella degli abusi sui minori, e per l’ennesimo scontro tra Peter Parker e Norman Osborn. Un volume che in Italia non veniva ristampato dal 1993, dai tempi in cui i diritti della Marvel erano gestiti ancora da Star Comics.

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Champions n. 1 (Panini Comics). Tornano i Campioni, formazione ideata nel 1975 da Tony Isabella e Don Heck e originariamente composta da Ercole, Vedova Nera, Ghost Rider, Angelo e Uomo Ghiaccio (e con sede a Los Angeles). I nuovi Campioni, però, non hanno nulla a che fare con i precedenti e comprendono invece Ciclope (nella versione più giovane), Ms. Marvel, Spider-Man (Miles Morales), Nova (Sam Alexander), Hulk (Amadeus Cho) e Viv Vision. La testata è scritta da Mark Waid e disegnata da Humberto Ramos, e Panini la lancia con una nuova serie mensile.

Saga vol. 7 (Bao Publishing). Il nuovo volume della serie Image Comics creata da Brian K. Vaughan e Fiona Staples, della quale su queste pagine abbiamo parlato parecchio.

Ghost Money (Mondadori Oscar Ink). Pubblicata tra il 2008 e il 2016 e qui raccolta in volume, Ghost Money è tra le opere più recenti dello scrittore e studioso di fumetto belga Thierry Smolderen, che in Italia i lettori hanno già conosciuto per L’estate Diabolika (Bao Publishing). Si tratta di una storia che mischia manipolazioni finanziarie e spionaggio internazionale, ambientata in un futuro distopico nel quale gli equilibri globali sono messi a repentaglio da una rete di interessi economico-finanziari.

Johnny Red (Mondadori Oscar Ink). Garth Ennis, autore di Preacher, riporta in vita un personaggio storico del fumetto di guerra: Johnny “Red” Redburne, pilota radiato dalla RAF che si arruola nell’esercito sovietico per continuare a combattere i Nazisti. Si ritrova così alla guida di uno squadrone di caccia sopra i cieli di Stalingrado, nel 1942. Le sue storie originarie venivano pubblicate in Inghilterra negli anni Settanta. Ai disegni c’è Keith Burns. Qui trovate un’anteprima piuttosto corposa.

Le torri di Bois-Maury vol. 1 (Mondadori Oscar Ink). Una nuova edizione del capolavoro di Hermann. Ambientata nel medioevo, la storia racconta di Aymar di Bois-Maury, un nobile decaduto che per recuperare il suo regno è costretto a vagabondare. Qui ci sono un po’ di pagine da sfogliare per gustare i dettagliati disegni di Hermann.

The Complete D.R. & Quinch (Editoriale Cosmo). La nuova riedizione di una delle serie a fumetti create da Alan Moore negli anni Ottanta per la rivista fanscientifica inglese 2000AD. La serie – ricca di umorismo – segue le vicende di due criminali alieni. Ai disegni, troviamo un giovane ma già dotato Alan Davis. Qui potete leggere una storia per intero tratta dal volume.

Blues for Lady Day (Coconino Press). È il nuovo lavoro di Paolo Parisi, che torna al fumetto dopo diversi anni di pausa. Racconta la storia della grande cantante blues Billie Holiday. Qui un’anteprima.

Tif & Tondu – L’integrale vol. 1 (Nona Arte). Tif e Tondu sono una coppia di avventurosi amici, il primo pelato, il secondo ipertricotico, creata da Fernand Dineur nel 1938. La serie è un classico della bédé, ma in Italia è praticamente inedita. Ora Nona Arte comincia a proporla in edizione integrale, a partire dalle prime storie disegnate alla fine degli anni Quaranta da Will, l’autore che porterà al successo i due personaggi, su testi di Dineur stesso, di Henri Gillain, fratello del grande fumettista Jijé, e di Albert Desprechins. QUI la nostra anteprima.

Dall’estero:

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Belgian Lace from Hell: The Mythology of S. Clay Wilson vol. 3 (Fantagraphics Books). Il terzo e conclusivo volume dedicato alla raccolta dell’opera omnia di S. Clay Wilson, uno dei principali autori del fumetto underground americano degli anni Sessanta.

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“Reborn”, l’aldilà secondo Mark Millar e Greg Capullo

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Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

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E se quello che facciamo, come ci comportiamo, anche nelle piccole cose, alla fine fosse davvero ricompensato? Questa è l’idea di base di Mark Millar per Reborn, coniugata però con la consueta iconoclastia e sfacciataggine pop, a un mondo fantasy e sci-fi di continue battaglie come in un videogame. Perché chi è stato molto buono o molto cattivo è dotato di poteri sensazionali e appartiene a una delle due fazioni: la Dark Lands e Adystria.

A questo regno incantato è destinata Bonnie, attesa come un Messia, con il ruolo di protettrice e futura regina destinata a sconfiggere il malvagio Golgota, signore delle Dark Lands. Questo perché in vita Bonnie, che sta morendo in ospedale all’inizio della storia, è stata un’insegnante giudiziosa, dotata di genuino altruismo e con una parola buona per tutti. L’unico ad avercela con lei è il suo gatto Frosty, che aveva fatto castrare, e ora è il vendicativo generale Frost delle Dark Lands.

reborn mark millar greg capullo

Il manicheismo è al cuore stesso del progetto e non c’è spazio per grandi sfumature: l’unico personaggio con un minimo di ambiguità è la regina delle fate, che in vita era la migliore amica di Bonnie, Estelle. Profondamente cristiana, è sconvolta dal trovarsi in un aldilà molto diverso da quello che aveva immaginato e dove oltretutto non può ricongiungersi al marito, che è già passato a (ulteriore?) miglior vita quando lei è arrivata in questo mondo.

A dire il vero, lascia perplessi in questo schema così rigido che Bonnie, dipinta come paradigma vivente di virtù, decida di non accettare il proprio ruolo di condottiera e regina contro il male, preferendo invece rischiare tutto nella ricerca del marito. Una missione evidentemente egoista che ignora senza alcuna ulteriore riflessione o senso di colpa la sofferenza che un mese in più di brutale guerra causerà alla letteralmente brava gente di Adystria. Questo dona alla donna la tipica Quest da epic fantasy, in cui l’accompagnano il padre, guerriero prodigioso che non ha però mai ritrovato sua moglie, e il cane che aveva da bambina, Roy-Boy, rinato in una versione gigante e segugio capace di rintracciare i cari estinti (ma misteriosamente non la madre di Bonnie, trama che rimane aperta probabilmente per il secondo volume della serie).

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In sei episodi, di cui l’ultimo lungo circa 40 pagine, Reborn è soprattutto una vetrina per Greg Capullo, inchiostrato da Jonathan Glapion e colorato – tutt’altro che bene, con toni sparati e di poca atmosfera – da FCO Plascencia.

Il disegnatore scatena tutto il proprio immaginario epic fantasy e heavy metal e dà corpo a un mondo fantastico eppure famigliare, come un open world fantasy videoludico sui generis, con in più alcuni elementi tecnologici quali macchine da guerra volanti, fucili e pure automobili, ma dove il riferimento di base è fantastico e magico.

Fra draghi con la testa di leone, fate coloratissime, gatti parlanti, maghi, demoni, elefanti volanti e chi più ne ha più ne metta, Capullo ha davvero di che divertirsi, peccato che questo accumulo visivo arrivi a spese di un reale senso del mondo. Non solo non c’è una logica di base per magia e tecnologia, ma neppure c’è un’idea di geografia, gli scenari si accavallano tra loro, ma sono appena sfiorati, un po’ come in Empress dello stesso Millar e Stuar Immonen. Se là però i personaggi si teletrasportavano e dunque non poteva essere altrimenti, qui si compie invece un viaggio spesso appiedato, la cui sensazione non arriva minimamente al lettore, con conseguente riduzione dell’epica. Rimanendo alle serie Image Comics più spettacolari e fantastiche, Reborn è insomma visivamente molto meno riuscita di Seven to Eternity di Remender e Opeña.

reborn mark millar greg capullo

La semplicità morale del racconto risulta poi stucchevole e l’unico elemento comico e di rottura nel ritratto di Bonnie come una santa donna, è il gatto castrato, la cui vicenda è però chiusa frettolosamente senza conseguenze.

Ancora una volta insomma con Millar sembra di assistere a un’idea per altri medium, presentata con una scrittura veloce e uno dei migliori disegnatori su piazza, ma abbozzata come poco più di un pitch. Buono per una serie Tv spettacolare, dice lui nella post-fazione, ma in realtà più adatto, anche per via dei disegni di Capullo, a divenire un cartoon per famiglie.

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Bonus: Difficile capire dal primo numero di The Divided States of Hysteria dove Howard Chaykin voglia andare a parare, ma la serie ha dalla sua una delle copertine più memorabili degli ultimi anni e la consueta, irruenta energia dei lavori migliori dell’autore. Certo l’accavallarsi di didascalie, situazioni e personaggi si presta alla confusione, che trova riscontro anche nelle tavole interne, segnate da una sorta di rumore di fondo tecnologico.

divided states of hysteria

Violento, sessualmente esplicito più o meno come Black Kiss e del tutto disilluso dalla politica americana, The Divided States of Hysteria ha protagonisti diversi assassini che finiscono arrestati e promette una cavalcata folle e cinica in un’America non molto diversa dalla nostra.

Bonus 2: Sicuramente l’albo più discusso della settimana, Batman #24, quello della proposta matrimoniale di Batman a Catwoman, che è però diviso su due tempi e con due diversi disegnatori. David Finch illustra una sorta di inseguimento notturno quasi muto tra i due più celebri personaggi di Gotham, che solo alla fine sfocia nel dialogo e nella proposta.

batman 24 catwoman matrimonio

Il tutto è montato in alternanza alle belle tavole di Clay e Seth Mann, dove Batman parla in pieno giorno appollaiato su uno dei punti più alti della città con Gotham Girl, cui spiega che nel suo essere un eroe non riesce a essere felice.

A parte l’insistenza di Tom King nel far dire a Batman «Io sono Batman», tormentone ormai logoro che leggiamo dal primo numero e che qui arriva a «Io sono Batman perché sono Batman», il dialogo con Gotham Girl è in realtà interessante e mostra un Bruce Wayne molto più umano di come siamo abituati a vederlo, che dà voce alla propria insoddisfazione e dà ragione della proposta a Catwoman nell’ultima tavola.

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Sunday Page: Sarah Horrocks

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*English version in the next page.

Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».

Questa domenica esco con Sarah Horrocks, critica per Hooded Utilitarian e ComicsAlliance nonché autrice di The Leopard e Hecate Snake Diaries. Ha anche disegnato su Adventure Time, Multiple Warheads e Prophet. Sarah è stata di recente al centro di una polemica che ha coinvolto il fumettista Berliac.

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Children of the Sea è uno di quei fumetti in cui mi perdo ogni volta che lo prendo in mano. E anche se mi piacciono gli altri lavori di Igarashi, Children of the Sea è affascinante perché i piccoli miracoli che costruisce con le sue storie brevi qui si allungano ed è bellissimo vederlo creare nuovi ritmi.

È difficile scegliere una sola pagina dalla sua opera e convincere le persone dei suoi meriti perché il suo stile è una strana magia che si autoalimenta. È suggestivo con le forme e le linee, attira la tua immaginazione e ti avvicina alle immagini e alla storia, così quando leggi le cose sembrano più grandi di quanto lo siano in realtà. È l’artista più vicino che i fumetti hanno a qualcuno come Tarkovksy, che può creare le proprie sublimi verità magiche.

Come mai hai scelto questa pagina? Non c’è nemmeno un po’ di mare!

Per un paio di motivi. Il primo è che Anglade è uno dei miei personaggi preferiti, è bellissimo, un uomo affascinante e mi piace il design con questi capelli neri corti. La seconda ragione è che questa pagina proviene da una sezione anomala, rispetto al resto della storia, che è un’avventura metanaturale sui miracoli esistenziali che ci circondano. Questa invece è più nella norma. È Anglade con un personaggio che non abbiamo ancora conosciuto, in intimità in un modo che ci è nuovo, poco prima di essere attaccato e bruciato vivo. È l’unica sacca del fumetto in cui c’è un pericolo tale e questo conferisce alla scena un senso di epilogo, in particolare per Anglade. Vediamo Anglade anche dopo, ma questo è l’ultimo grande momento che lo vede coinvolto.

La pagina è bellissima per vari motivi. La composizione in sé è splendida perché c’è questa triangolazione di occhi da Anglade alla sua amata a quelli del gatto che soffia – e lo stacco sul gatto è forte perché trasla completamente lo spazio – e poi di nuovo nel letto con i due, fino a Anglade da solo nella stanza buia – è andato da qualcuno che conosce delle cose a qualcuno che non riesce a percepire il pericolo che gli sta per piombare addosso. E ovviamente la pagina è bilanciata tra i due amanti e il bellissimo fuoco violento che attacca la casa di Anglade.

Quando uno pensa a Children of the Sea – lo raccontava anche Valerio Stivé – pensa ad altre ambientazioni.

È vero, anche se il fumetto è pieno di fantasmagoriche avventure marine e alcuni momenti davvero sublimi – quando penso al fumetto come opera completa, questo è sempre il momento a cui penso per primo. Il quarto volume per me è uno dei migliori fumetti di sempre. Ha questa sezione e ha anche la parte con Anglade in Antartica che è la mia seconda preferita.

Penso che Anglade sia il personaggio più interessante della storia, perché non scende a compromessi nella sua ricerca per la conoscenza è c’è uno strano senso di disperazione in lui, perché capisci che per lui, nella vita, nient’altro ha valore – è inconsapevole e questa pagina catture le sue complessità. La sua curiosità e la sua sete di illuminazione gli costa la consapevolezza dei pericoli che lo circondano. È come se avesse abbandonato una modalità di visione per un’altra. Per me è questo che celano i suoi occhi quando dice «C’è un universo». La noia triste che Igarashi gli disegna negli occhi, sembra guardare in un modo che noi non vediamo. Il modo in cui si allinea agli occhi del gatto nella vignetta in mezzo, poi, mi fa pensare al fatto che Anglade sta guardando con gli occhi dell’animale.

Mi piace anche che Anglade guardi all’amata come guarda al gatto – come parte del mistero – e non come a qualcuno che è lì con lui in un momento di intimità. È uno strano amante! Non penso che Igarashi nomini nemmeno l’altra persona. E io penso che molte sezioni di questa storia ci vengano raccontate proprio attraverso gli occhi di lei. È il nostro simulacro e noi guardiamo ad Anglade attraverso di lei.

*English version in the next page.

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Nello studio di Federico Bertolucci

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Siamo entrati nello studio di Federico Bertolucci, disegnatore che ha al suo attivo collaborazioni con Disney (Topolino, W.I.T.C.H.), Red Whale (Monster Allergy), Panini, Mondadori, Giunti e altri editori. In Francia pubblica per Soleil e Bamboo insieme allo sceneggiatore Frédéric Brrémaud, con cui crea la fortunata serie Love per Ankama Editions (in Italia per Edizioni BD), per la quale è candidato agli Eisner Awards come Best Painter/Multimedia Artist nel 2016 e nel 2017.

ReNoir Comics ha da poco pubblicato i primi due volumi della serie Piccole Storie, realizzata sempre in coppia con Brrémaud (QUI e QUI le nostre anteprime).

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Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?

Sto facendo due libri per Glenat, sempre insieme a Frederic Bremaud, un dittico in stile vagamente fantasy, una specie di favola dai toni cupi e onirici. Si intitolerà Brindille (“ramoscello” in francese), ma sono in ritardo sulla lavorazione come mai mi era capitato finora. Mi ero ripromesso di concentrarmi solo su questa storia, ma poi, come capita spesso, mi sono arrivate un paio di offerte alle quali non potevo rinunciare: la prima l’estate scorsa con Andrea Plazzi che mi chiede di realizzare 8 pagine a colori su Comics&Science, lo stesso numero sul quale avrebbe pubblicato una sua storia anche Leo Ortolani. L’altra è più recente, Dupuis ha cercato me e Fred per partecipare ad un un albo collettivo dedicato a Marsupilami, lo storico personaggio disegnato da Franquin, con 8 pagine che mi hanno portato via un altro mese.

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Quali sono gli strumenti che usi per disegnare?

Ultimamente ho riscoperto il gusto di disegnare su carta con i pennini, i pennelli e la boccetta della china, gli acquerelli. Ma sono anni ormai che la maggior parte del lavoro lo realizzo in digitale, per ovviare ai tempi sempre più stringati degli editori, ma anche per la resa grafica che strumenti quali Photoshop o Clip Studio Paint sono in grado di offrire.

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Hai qualche abitudine prima di metterti a disegnare?

Sono una vittima della seconda legge della termodinamica, quella per cui, con il passare del tempo, gli elementi contenuti in uno spazio tendono spontaneamente a mescolarsi… In realtà sono semplicemente molto disordinato, durante la lavorazione di un fumetto mi concentro solo su quello, per cui lascio che fogli, bicchieri e tazze del caffè, penne e libri invadano lo studio, sovrapponendosi e incasinandosi fra i dodicimila cavi di stampanti, computer, scanner, telefoni, modem, ecc . Quindi in definitiva l’unico gesto quotidiano è quello di scansare con il gomito la roba quanto basta per far scorrere il mouse. Inutile dire che questo provoca quasi sempre la caduta di oggetti vari per terra. Poi ovviamente, quando la situazione diventa insostenibile, rimetto tutto in ordine… ma è sempre una condizione che dura poco.

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Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni?

Nella mia libreria personale hanno un posto speciale, al centro e un po’ in alto dove non arrivano (ancora per poco) le bambine, i miei libri sacri: Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni, I pensieri di Pippo, Gli anni ruggenti di Topolino e Le follie di Eta Beta. Sono cresciuto con questi grandi autori (Barks e Gottfredson) e la loro opera mi è sempre di ispirazione.

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Hai un oggetto in studio a cui sei particolarmente affezionato?

Questa cassaforte/salvadanaio mi fu regalata quando ero piccolo e ha sempre conservato al suo interno alcune monete straniere, fra le quali due grossi dollari americani. Non è che sia un oggetto a cui tengo particolarmente, per anni è stata in uno scatolone in soffitta, ma quando l’ho ritrovata mi sono ricordato senza esitare la combinazione. Da allora ha un posto fisso davanti ai miei fumetti preferiti.

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Gli eventi e le mostre della settimana [14-06-2017]

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Quali saranno gli appuntamenti più interessanti, questa settimana, nel mondo del fumetto (e dintorni)? Ecco i nostri consigli.

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Bande de Femmes Festival // Roma // 14 – 16 giugno

Il Festival di fumetto ideato dalla libreria delle donne Tuba torna a invadere il Pigneto con una tre giorni di incontri, mostre e presentazioni.

Protagoniste di quest’anno saranno le città resistenti e a misura di donna, le skaters, i muri in lotta, le autoproduzioni e l’arte queer, le streghe e le macumbe.

In varie location del quartiere Pigneto di Roma

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Presentazione di I giorni del vino e delle rose // Pisa // 15 giugno

Silvia Rocchi e Diego Bertelli presentano il loro graphic novel I giorni del vino e delle rose, segue proiezione del film omonimo del 1962.

Cinema Arsenale vicolo Scaramucci 2, Pisa

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Leo Ortolani presenta Oh! Il Libro delle Meraviglie // Firenze // 15 giugno

Continua il tour di presentazione del nuovo libro di Leo Ortolani, alla Feltrinelli Red di Firenze, alle ore 18:00.

Feltrinelli RED – Piazza delle Repubblica, Firenze

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Presentazione di Escobar // Bologna // 16 giugno

Giuseppe Palumbo presenta il suo nuovo graphic novel in compagnia di Alberto Sebastiani. 

Libreria modo infoshop via Mascarella, 24/b, Bologna

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Presentazione Jane Austen // Roma // 16 giugno

Presentazione del fumetto sulla scrittrice inglese Jane Austen, scritto e disegnato da Manuela Santoni, edito da Beccogiallo.

Libreria Tra le Righe Viale Gorizia 29, Roma

 

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I Difensori di Netflix a fumetti

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Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

defenders marvel

Questa settimana è partita The Defenders, che una volta tanto Marvel avrebbe dovuto davvero intitolare “All-New All-Different Defenders” o qualcosa del genere, visto che non ha assolutamente nulla a che fare con i classici Difensori, composti da Hulk, Namor, Dr. Strange e altri.

Il nuovo team, infatti, è quello della prossima serie Tv di Netflix e dunque, per magia del marketing, è diventato quello dei Difensori per antonomasia. Quisquilie, certo, ma pure un chiaro segnale di come la sinergia tra cinema, tv e fumetto diventi a volte asservimento per quest’ultimo.

Le avventure di Jessica Jones, Iron Fist, Luke Cage e Daredevil sono sicuramente tra le serie su cui Marvel punta di più, tanto da averla affidata a Brian Michael Bendis, uno dei propri autori di punta. Ai disegni il suo ormai fidato David Marquez, reduce da Civil War II, e qui ancora più spudorato nell’usare computer grafica e fotografie – sebbene va detto che in Marvel si vede pure di peggio, per esempio nelle ultime tavole di Deodato Jr.

defenders marvel bendis

Considerato che si tratta di una serie pensata anche per agganciare il pubblico di Netflix, che non arriva da una conoscenza pregressa delle ultime storie a fumetti, il numero uno dovrebbe essere a rigor di logica del tutto introduttivo. Invece no: prosegue dal prologo presentato a maggio nel Free Comic Book Day, che non viene nemmeno citato in una nota dell’albo, ma i cui fatti sono dati per assodati, tanto che sarà il riassunto, e non una tavola a fumetti, a dirci che Diamondback ha sparato a Jessica Jones senza spiegare da nessuna parte il perché. Complimenti alla Marvel e ai suoi editor, davvero non era facile lanciare una testata che facesse sentire il lettore come chi arriva in ritardo alla proiezione di un film.

Venendo al dunque, la cosa più interessante della storia di Bendis è che il redivivo Diamondback ha le idee chiare su quale sia il suo posto nel mondo del crimine: in cima. Tanto che dopo aver visto uno dei suoi locali attaccato dai supereroi protagonisti – per colpa dell’uso di una droga troppo pericolosa da parte di un suo sottoposto – Diamondback sfida apertamente gli eroi e, come si diceva, spara a Jessica Jones. Tutti gli dicono che ha fatto il peggiore degli errori, perché così scatenerà la furia di Luke Cage, ma il villain in realtà conta proprio sul fatto che l’arcinemico agisca da solo accecato dalla rabbia.

diamondback defenders marvel bendis

Se Diamondback si presenta così come un avversario astuto e davvero temibile, il resto della storia non è però particolarmente originale né come plot, né come struttura narrativa e neppure nei dialoghi, che di solito sono il punto forte di Bendis. Probabilmente il battibecco migliorerà dopo qualche numero di rodaggio, ma è comunque difficile immaginare che questa The Defenders diventi una serie irresistibile.

Bonus: Questa settimana è uscito anche Dark Days – The Forge, ovvero il prologo del prossimo evento DC Comics, disegnato a più mani da Jim Lee, Andy Kubert e John Romita Jr., per i testi di Scott Snyder e James Tynion IV.

dark days forge batman dc comics

Batman tira fuori il suo Reed Richards interiore e indaga un mistero cosmico che ha a che fare con i metalli più rari e arcani dell’universo, misteriosamente accomunati. Così si legano il gas del Joker al ciclo di resurrezioni di Hawkman fino ad artefatti come l’elmo di Fate, il tridente di Aquaman e i bracciali di Wonder Woman.

Scopriamo che Batman indaga su queste cose da tempo, tanto da aver scoperto un segreto sepolto sotto Atlantide, da aver usato gli Outsider come investigatori in incognito, e che dopo essersi avvalso di Mr. Terrific ora chiede aiuto a Superman e Mr. Miracle.

dark days forge batman dc comics

In pratica il prologo fa il possibile per coinvolgere quanti più personaggi… a patto che siano uomini. Nei giorni del tripudio di Wonder Woman che non una sola donna sia coinvolta in una vicenda di portata così cosmica (dell’amazzone compaiono solo i bracciali) appare già una partenza con il piede sbagliato.

Bonus 2: Si conclude con il numero nove Green Valley, la saga medievale e fantascientifica ideata da Max Landis per le matite di Giuseppe Camuncoli e i colori di Jean-Francois Beaulieu. Quattro cavalieri in disgrazia vengono convinti a combattere un mago e il suo drago, a cui non credono affatto. Si troveranno però di fronte un viaggiatore temporale con potenti armi e vari dinosauri al guinzaglio.

green valley landis camuncoli image

La risoluzione pasticcia non poco con la linea temporale e rimane con un incongruenza finale, ma è un dettaglio, è proprio la scrittura di Landis in sé a essere stereotipata e sciatta. Anche i disegni di Camuncoli, con i suoi volti quasi tutti rettangolari, non aiutano i dialoghi e i colori sparati rendono il tutto più cartoonesco che drammatico. Come molte serie Skybound sembra insomma un prodotto quasi per ragazzini, un target diverso dal resto della produzione Image.

JIMMYS BASTARDS garth ennis

Bonus 3: Su Jimmy’s Bastards, pubblicato da Aftershock, Garth Ennis e Russ Braun si lanciano in una parodia di James Bond. Jimmy è infatti un agente segreto dalla faccia da schiaffi, donnaiolo fino all’estremo, egoista, megalomane e che ama umiliare i suoi grotteschi avversari. Non proprio un’idea freschissima e la trama, che ricicla in pratica una celebre storia di Lobo con i suoi numerosi figli in cerca di vendetta, appare a sua volta ben poco ispirata. Poi, di certo, non manca un po’ di turpiloquio creativo, ma è roba che Ennis scrive davvero con il pilota automatico.

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Radar. 9 fumetti da non perdere usciti questa settimana

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Providence vol. 3 (Panini Comics). Terzo e ultimo volume della saga con cui Alan Moore, dopo Neonomicon, è tornato a cimentarsi col mondo di H.P. Lovecraft (su disegni di Jacen Burrows). Di Providence su questa pagine abbiamo parlato molto, soprattutto grazie ad Andrea Tosti, che lo ha analizzato nei particolari con due lunghi articoli.

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Diario di un fantasma (Eris Edizioni). Dopo essere stato presentato a Napoli Comicon e dopo che ne avete potuto sbirciare un’anteprima sulle nostre pagine, finalmente arriva in libreria il nuovo e atteso fumetto di Nicolas De Crécy, che forse qualcuno di voi ha già apprezzato per La repubblica del Catch Il Celestiale Bibendum, per noi già un classico modernoDiario di un fantasma è una storia in cui l’autore si mette in scena e (soprattutto) in discussione come artista, mantenendo vivace quello spirito surreale e quella tensione alla libertà del segno che ha distinto ogni sua opera.

WE3 (Lion Comics). Torna in edizione deluxe una delle storie più interessanti firmate dalla coppia composta da Grant Morrison e Frank Quitely, pubblicata da Vertigo nel 2004. Un fumetto che mescola animali, esperimenti, cyborg, armi e complotti, il tutto frullato dalla mente di Morrison e dalla matita di un Quitely che qui tocca uno dei suoi livelli più alti. Qui ci sono le prime pagine per farvi un’idea.

Quantum & Woody vol. 1 (Star Comics). Il primo volume che raccoglie la serie supereroistica di Valiant Comics Quantum & Woody, scritta da James Asmus e disegnata da Tom Fowler, che Evil Monkey commentava così:

In Quantum & Woody non interessa a nessuno se il mondo si salverà. Si vuole sapere, invece, se i due torneranno a essere i due migliori amici. Come da bambini. Guarda caso, poi, i protagonisti non sono eroi senza macchia, geniali inventori o folli visionari, ma due idioti che possiamo guardare dritti negli occhi senza dover alzare il capo. In questo caso il lettore medio (incluso il sottoscritto) non può che augurargli il meglio e, in fondo, tifare per loro. Solo chi ha avuto la forza di raggiungere la vetta può farcela benissimo da solo. Senza che nessuno si disturbi a provare la benché minima empatia nei suoi confronti.

Hombre – L’integrale (Panini 9L). Un classico del fumetto spagnolo degli anni Ottanta, scritto da Antonio Segura e disegnato da José Ortiz, che viene raccolto per la prima volta in Italia in un volume unico di quasi 600 pagine. Una saga post-apocalittica, dai toni piuttosto crudi e cupi, con protagonista un uomo chiamato “Hombre”, che tenta di sopravvivere nel caos generato dal disastro nucleare.

Cynocephales vol. 1 (Renoir Comics). È il primo volume della nuova serie di Stefano Tamiazzo, che torna al fumetto dopo dieci anni di assenza. Ambientata in Francia, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, è una storia d’avventura che ha per protagonisti i Cinocefali, la terza razza umana dopo Neanderthal e Sapiens, chiamati così per i volti simili a musi canini.

Di seguito, la trama dal comunicato stampa, qui un po’ di pagine in anteprima.

Da secoli i Cinocefali sono alleati segreti del governo francese, che li nasconde e protegge e li utilizza per le missioni più pericolose: grandi guerrieri, grandi esploratori, molti dei successi francesi sono dovuti a loro, anche se il mondo non lo sa. Negli anni il loro sangue si è mescolato con quello degli umani e ormai alcuni hanno perso i caratteristici tratti canini e vivono tra Parigi e le altre città della Francia, ricoprendo incarichi di prestigio e di potere. Christophe, uno dei leader della comunità, non sopporta però più che i membri della sua stirpe siano costretti a vivere come mostri e decide di uscire allo scoperto, in contrasto con suo cognato Serge e con i membri del consiglio. Il risultato non possono che essere tradimenti e lotte fratricide.

Come dopo la pioggia n. 1 (Star Comics). Nuovo manga della giovane autrice Jun Mayuzuki, che mischia commedia romantica e sport nella miglior tradizione delle opere di Misturo Adachi, l’autore di classici come Rough e Touch. Andrea Fontana, sulle nostre pagine, ne ha parlato molto bene.

Wolverine Serie Oro n. 16 – Havok e Wolverine: Fusione (Tuttosport). Per la prima volta dopo ben 27 anni viene ripubblicata in Italia Meltdown, storia che vede i due X-Men Wolverine e Havok prima scontrarsi e poi collaborare per sconfiggere un nemico comune – nella più classica tradizione dei team up tra supereroi –, in tavole dipinte da due grandi illustratori come Kent Williams e Jon J. Muth (sotto la sceneggiatura di Walt Simonson).

Dall’estero:

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Foolish Questions and Other Odd Observations (Sunday Press Books). Ben prima di dare il proprio nome a una delle cose più belle e allo stesso più inutili di sempre, ovvero la Rube Goldberg machine (per cui i giapponesi vanno pazzi, a quanto pare), Rube Goldberg è stato uno dei grandi fumettisti americani dei primi del Novecento. Questo volume riedita una selezione di strisce, vignette e disegni che Goldberg realizzò sulle pagine del Chicago Tribune tra il 1909 e il 1920. Giochi di parole, assurdità assortite, botte e risposte da orbi. Robe che strappano un sorriso ancora oggi, a 100 anni dalla loro pubblicazione. Un piccolo, grande esempio del genio dell’autore.

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Sunday Page: Fred Van Lente

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*English version in the next page.

Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».

Questa domenica parlo con Fred Van Lente, autore Marvel (un’infinità di titoli tra Incredible Hercules, Marvel Zombies, Web of Spider-Man) e Valiant (Archer & Armstrong, Ivar, Timewalker). Van Lente ha esordito con l’autoprodotto Action Philosophers!, è passato per Cowboys & Aliens ed è uno degli scrittori più prolifici dell’industria nordamericana. Di recente ha debuttato a teatro scrivendo King Kirby, dedicata alla vita di Jack Kirby.

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Ho scelto una pagina dal primo numeri di Re in incognito, che è il primo fumetto non supereroistico di cui mi sono innamorato quando andavo alle superiori.

Come mai?

È difficile ricordarmi il perché. Mio padre era un grande fan di Spirit e, di riflesso, io leggevo le ristampe in bianco e nero di Spirit della Kitchen Sink. Scommetto che avrò visto la pubblicità del fumetto lì. Penso che la cosa sconvolgente per me fu il fatto che era il primo fumetto coscientemente ‘letterario’ che leggevo. Dovevo aver già letto qualcosa di Alan Moore all’epoca e lui di certo era influenzato dalla letteratura, ma in superficie era bravissimo a scrivere storie di supereroi tradizionali. Mi piace anche molto la Storia e Re in incognito è ambientato nel 1932, durante la Depressione, e la crudele e nient’affatto romanticizzata brutalità di questi poveri va d’accordo con i disegni umili ma dettagliati di Dan Burr.

E la scelta di questa pagina a cosa si deve?

In questa pagina in partica quello che succede è che il nostro giovane eroe, Fred (attenzione, narcisismo!), è scappato da una casa che non esiste più perché suo padre se ne è andato per cercare lavoro e suo fratello è stato arrestato mentre derubava la gente per comprare del cibo. Quindi a Fred non resta che l’orfanotrofio o la strada. In un campo di barboni, lungo la ferrovia, incontra Joker (no, non quello), che cerca quasi immediatamente di stuprarlo con l’aiuto della sua ragazza, finché un altro uomo non interviene a salvarlo.

Mi sembra evidente che sia roba pesante e Burr costruisce la scena cercando un effetto drammatico molto forte. Si stacca velocemente dalla lotta tra l’uomo e Joker agli astanti, la donna e Fred. La visuale è a livello degli occhi e in gran parte sono inquadrature a mezzobusto, tranne per una vignetta più ravvicinata di Joker che serve a enfatizzare la sua pazzia, e una allargata in cui Fred si libera dalla presa dalla donna pestandole un piede.

Ancora meglio, la tensione è enfatizzata per tutta la scena dagli effetti sonori del treno che si avvicina e nelle inquadrature della lotta lo vediamo sempre più vicino, c’è un senso terrificante del tempo che sta per finire. Il treno rappresenta sia il pericolo imminente sia un flebile potenziale di libertà, perché dopo aver bruciato Joker, l’uomo prende Fred e insieme fuggono saltando sul mezzo.

In pratica questa pagina ha tutto – grande lavoro di inquadrature, effetti sonori, rapporto tra gli elementi di sfondo e primo piano – e alla fine ottiene un effetto cinematografico quasi perfetto.

Questa storia esce in un periodo di rottura per il fumetto e, nonostante le recensioni positive, non è molto conosciuto. Secondo è stata colpa del fatto che altre opere lo hanno oscurato oppure semplicemente Re in incognito non era al loro livello?

No, penso che sia dovuto al suo essere un dramma storico, un genere inconsueto nel fumetto statunitense. Purtroppo, le virtù non sono sempre ricompensate a dovere.

*English version in the next page.

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Nello studio di Patrizia Mandanici

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Siamo entrati nello studio di Patrizia Mandanici, fumettista e blogger, collaboratrice, tra gli altri, di Sergio Bonelli Editore (Legs Weaver, Nathan Never, Tex). Il suo ultimo graphic novel è Cronache dall’ombra (Comic Out, 2016).

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A quali sono i progetti stai lavorando attualmente?

Ho appena finito di lavorare su un albo di una miniserie bonelliana di cui non posso dire nulla, solo che è di fantascienza e a colori (e in questo caso ho colorato io l’albo, perché la storia – diciamo così – è un po’ particolare); da poco sono al lavoro su un nuovo episodio di Nathan Never. Altro lavoro che ho iniziato (al momento, in sospeso) è una storia breve di Tex (per un Color Tex) scritta da Antonio Serra; ho realizzato le prime tavole, e i vari schizzi (nelle foto sul mio tavolo), poi Serra è stato preso da un turbine di impegni e ci siamo dovuti fermare, ma riprenderemo, spero presto.

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Quali sono gli strumenti che usi per disegnare?

Alterno e mischio lavoro su carta con lavoro in digitale, quindi quando inchiostro su carta uso i pennarelli ricaricabili a inchiostro giapponesi (di solito Pentel), e per i particolari i pennarelli graduati (Staedler e altri) su carta Fabriano F4 liscia (un esempio video).

Per il disegno in digitale, invece, uso il programma Clip Studio Paint (ex Manga Studio) da ormai molti anni (ho un PC assemblato con Windows 10 e una tavoletta grafica Wacom Intuos Pro). Ho creato anche un gruppo pubblico su Facebook, per scambio di informazioni e consigli tra i disegnatori che usano questo programma.

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C’è qualche abitudine che ami predisporre prima di metterti a disegnare?

Sì, a seconda dell’ora, accendo la radio, se ci sono i programmi che seguo (la mattina più che altro l’attualità e le informazioni di Radio Popolare), oppure ascoltare dei podcast di cultura, scienza o attualità (mi piacciono in particolare gli audiolibri e la trasmissione di Rai Radio 3 “Ad alta voce” che ne presenta una grande varietà). Talvolta ascolto qualche serie tv (su tablet se sono al tavolo da disegno, su pc in streaming se sono al lavoro con Clip Studio Paint – sono abbonata a Netflix ma uso anche Raiplay e Dplay).

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Ci sono libri o fumetti che devono essere a portata di mano mentre disegni?

No, a parte quelli che mi servono come reference se devo disegnare personaggi, luoghi o veicoli già apparsi in altri albi. Se ho qualche necessità particolare uso internet e le grandi raccolte di immagini che trovo su Pinterest (dove ho diverse bacheche tematiche di documentazione).

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Hai un cane, Kristal, che vive sempre con te mentre lavori…

Ogni tanto mentre sto lavorando mi fermo e osservo la mia cagnolina che di solito riposa sulla poltrona-letto del mio studio o nei pressi. Se è sveglia vado ogni tanto da lei e le faccio un po’ di coccole, è rilassante per entrambe (Kristal ha più di 5 anni ed è stata presa al canile che aveva già un anno, il che l’ha resa molto sensibile e cauta). Le altre pause che mi prendo prevedono la preparazione di tisane al finocchio e occhiate veloci ai social e siti di informazione.

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